In Val Camonica tra Preistoria e Barocco: cronaca di una uscita didattica

A fine articolo, la galleria fotografica.

Situata a nord delle città di Brescia e Bergamo, tra il caratteristico lago d’Iseo e i ghiacciai dell’Adamello e del Cevedale, si sviluppa la Val Camonica.
In essa, su un’area di circa 70 Km. appare, circa tredicimila anni fa, la prima presenza dell’uomo, ma è solo in epoca Neolitica (V-IV millennio a. C.) che l’uomo preistorico lascia le prime tracce dando origine a quella che identifichiamo come Civiltà Camuna. Lo scioglimento dei ghiacci dell’ultima glaciazione, quella di Wurm, fornisce ai nostri progenitori un valido supporto per esprimere e raccontare la loro vita quotidiana, il loro sentire religioso, la loro visione del mondo.

Il prof. Gaudenzio Ragazzi, esperto di studi Camuni, autore di pubblicazioni internazionali sul tema, ha tenuto nella nostra Accademia, un corso online nell’anno 2023 – 2024, sulle tracce della Preistoria, partendo dalla descrizione dell’ambiente naturale per arrivare alle figurazioni più diverse, talvolta rozze e forse schematiche: i famosi “pitoti” come gli abitanti di questa valle hanno da sempre definito questi strani disegni.
E’ stata proprio la curiosità di conoscere dal vivo questa civiltà che ha portato un folto gruppo di noi ad inerpicarsi sulle alture di Nadro, nella Riserva Naturale delle Incisioni Rupestri nell’area di Foppe di Nadro, incastonata tra le cime del monte Concarena e di Pizzo Badile, tra modesti boschetti ora radi ora fitti e tra muretti a secco che testimoniano ancora la volontà di ottenere terreni coltivabili con i terrazzamenti di un tempo.
Certamente oggi, il trascorrere impietoso del tempo ha fatto sì che i pochi millimetri di cui sono composte le superfici delle figure incise sui massi, un tempo certamente più visibili, ha reso più complicata la loro visibilità e la loro lettura, nonostante l’appassionata ed esaustiva descrizione del professor Ragazzi. Orme, guerrieri con i loro scudi, oranti, figure antropomorfe sono apparse quasi per incanto, dopo l’accurata lavatura della superficie levigata : per molti è stata una scoperta!

Ma poco più a nord, a Capo di Ponte, dopo una piacevole sosta ristoratrice, un’altra presenza ci viene incontro: la piccola ma splendida chiesa di S: Siro, con le sue forme del romanico lombardo, chiare e ben leggibili nei blocchi di pietra arenaria.
Alla chiesa, edificata per scelta, nella roccia (simbolo di Cristo), a strapiombo sul fiume Oglio da cui si ergono le tre absidi con snelle lesene e le piccole aperture strombate, si accede dopo aver percorso una scalinata.
Un altro esempio di spiritualità è espressa anche attraverso le magnifiche sculture della lunetta sul portale, dove la figura di un grande cherubino – collegamento tra terreno e divino, passaggio dalla morte del peccato alla rinascita alla vita – ci accoglie attorniato da un’aquila e una forma serpentiforme simbolo degli inferi. Anche l’interno a tre navate ci stupisce, e nonostante le ridotte dimensioni, il suo ampio respiro e la sua luminosità, sembrano dilatare gli spazi.
Gli splendidi capitelli con sirene dalla coda bifida e gli animali serpentiformi ci ricordano continuamente la lotta tra il bene e il male. Un massiccio fonte battesimale “ad immersione”, un monolito di forma cilindrica, doveva attendere i “catecumeni”che, seduti sui gradoni a sinistra dell’ingresso, sarebbero stati chiamati per nome per il loro battesimo da adulti, ad immergersi nell’acqua del fonte. Difficile non ricordare la cripta suggestiva e ancorata saldamente nella roccia, con il suo altare monolitico che affiora dal pavimento, illuminato dalle monofore intorno.

Ma sempre a Capo di Ponte, a circa due chilometri da S. Siro, ormai circondato da proprietà private di abitazioni che limitano anche la visione completa delle absidi all’esterno, troviamo ciò che rimane di un complesso monastico medievale: la chiesa di S. Salvatore.
Anche qui forme romaniche a delineare la chiesa dalla facciata a due falde a capanna ingentilita da semicolonne e pilastrini e suddivisa in tre scomparti, che corrispondono alle tre navate interne.
Il campanile ottagonale , alleggerito in alto da snelle bifore, termina con un tetto piramidale. L’interno della chiesa è caratterizzato dalla bellezza dei capitelli, quasi integri nelle forme decorative tratte dalla tradizione medievale: sirene, aquile e anfisbene; tutte caratterizzate da un modellato aggettante ed espressivo.
La magnifica vista che si gode dall’altura, lascia percepire il campanile di S. Siro che svetta lontano, tra il verde della vegetazione. La verde e rigogliosa vegetazione infatti, sembra essere la caratteristica costante del paesaggio che ci circonda.

La nostra giornata però non si è ancora conclusa; ci attende un’altra perla della valle. Scendendo verso il fondovalle, ci rechiamo a Cerveno, un paese a 500 mt. di altitudine ad una settantina di chilometri da Brescia.
Luogo ameno e raccolto, nella sua chiesa settecentesca caratterizzata da una ricca decorazione tra modanature e dorature, secondo il gusto dell’epoca, racconta la storia di artigiani anche locali che hanno fatto di questo luogo, non solo espressione di fede, ma anche di creatività e maestria artigianale. Abbiamo apprezzato infatti il Santuario della Via Crucis, un corridoio a gradini coperto, che si innesta perpendicolare alla chiesa e lungo le pareti del quale si aprono quattordici cappelle che ospitano le quattordici stazioni della Via Crucis. Ogni cappella ospita un episodio della Passione di Cristo realizzato con statue in stucco e legno, quasi a grandezza naturale, ambientate entro una studiata scenografia affrescata sulle pareti. L’attenzione ai dettagli, la descrizione e la caratterizzazione dei personaggi oltre alla resa realistica delle scene, affascina e invita alla riflessione.
Certamente non è passata inosservata la numerosità delle statue, circa duecento, talvolta ristrette in uno spazio esiguo ma ugualmente interessanti per l’espressività dei tratti popolari dei personaggi e il loro abbigliamento
Modelli presi dal luogo? Forse!!… ci piace pensare che nei loro volti sia possibile oggi, cogliere l’immagine di maniscalchi, fornai, contadini di allora che hanno prestato le loro fattezze per rappresentare aguzzini, saggi, re e soldati …

Così termina la nostra giornata vissuta tra testimonianze preistoriche, romaniche e barocche, incastonate in un paesaggio che, nonostante la modernità, ha saputo mantenere una sua fisionomia, appena velata dal tempo trascorso… Un’esperienza che ha messo a dura prova la nostra resistenza fisica ma socializzante, senz’altro appagante e ricca di stimoli.

Adalgisa Rotellini